Riportiamo l’esperienza dell’AULSS 3 Serenissima pubblicata dal quotidiano online L’Infermiere Online, rivista FNOPI, in relazione al posizionamento di cannule lunghe con tecnica ecoguidata da parte degli infermieri della sezione di Medicina Interna.
Reperire un accesso venoso periferico è una procedura fondamentale al momento dell’ospedalizzazione. Questo risulta spesso difficile e può causare ritardi nella gestione del paziente, aumentando il rischio di eventi avversi e il
prolungamento dei giorni di degenza. Un accesso venoso si definisce difficile (Difficult Intra-Venous Access, DIVA),
secondo la definizione data da Bahl A., Johnson S. et al. (2021), quando il personale infermieristico ha due o più
tentativi falliti di accesso periferico utilizzando tecniche tradizionali, quando i risultati dell’esame obiettivo
suggeriscono un DIVA (ad esempio nessuna vena visibile o palpabile), quando il paziente ha una storia dichiarata
o documentata di DIVA.
I tentativi di incannulazione falliti spesso causano notevole frustrazione e ansia sia al paziente che al personale
sanitario e possono portare a complicanze come tromboflebiti, infezioni ed ematomi (Miliani K, Taravella R., et al,
2017). Il tempo necessario per un’incannulazione è in media di 2,5-13,0 minuti per la maggior parte dei pazienti, ma
può richiedere fino a 30/60 minuti in caso di DIVA (Crowley M, Brim C, Proehl J, Barnason S, et al, 2012),
comportando un aumento dei minuti assistenziali infermiere/paziente.
I fattori di rischio che più si associano alla DIVA sono: l’obesità , il diabete mellito, le neoplasie chemiotrattate, la
disfunzione respiratoria, l’immunosoppressione, il rischio di infezioni locali o del flusso sanguigno, la mastectomia
con asportazione linfonodale, i traumi agli arti, la gravidanza, il parto, l’uso di contraccettivi orali o di steroidi, la
malnutrizione e/o gli squilibri elettrolitici, le malattie renali e condizioni congenite.
In questi casi è fondamentale una corretta valutazione del paziente per riconoscere precocemente i rischi di DIVA
al fine selezionare il dispositivo più adeguato e che fornisca le maggiori probabilità di successo nell’incannulazione
venosa in modo da consentire un’adeguata somministrazione della terapia preservando il patrimonio venoso
periferico del paziente.
In base alle linee guida INS 2024, la scelta del dispositivo endovenoso periferico o centrale deve basarsi sulle
necessità del paziente e su varie considerazioni quali: il fabbisogno terapeutico, i farmaci prescritti, la durata prevista della terapia, il patrimonio venoso, l’età , le comorbilità , l’anamnesi di pregresse terapie infusionali, l’eventuale preferenza di tipo o sede del dispositivo, le capacità e le risorse disponibili per il suo mantenimento.
Le recenti raccomandazioni GAVeCeLT (2021) evidenziano come l’adozione sistematica della venipuntura
ecoguidata risulti essere efficace nel ridurre la gran parte delle complicanze legate al posizionamento di qualunque
accesso venoso periferico o centrale, senza trascurare il significativo miglioramento del rapporto costo-efficacia..
La maggior parte dei pazienti ricoverati presso l’Unità Operativa di Medicina Interna dell’Ospedale di Mestre
presenta una storia di DIVA, lunghe ospedalizzazioni (anche ripetute nell’arco di breve tempo), età anagrafica
elevata e plurime comorbilità .
In fase di ammissione presso la nostra Unità Operativa spesso si riscontra la necessità di posizionare un accesso
venoso stabile e durevole nel tempo per la somministrazione di terapie antibiotiche prolungate, l’esecuzione di esami radiodiagnostici con mezzo di contrasto e di prelievi ematochimici, e per il supporto trasfusionale e nutritivo.
Tradizionalmente nel nostro Ospedale il posizionamento di accessi venosi a medio-lungo termine (mid-line, PICC)
è a carico del PICC-team. Nel corso del tempo l’aumento delle richieste e il conseguente allungamento dei tempi di
attesa ha comportato un progressivo incremento della degenza media e del disagio di pazienti e personale
infermieristico.
Tale problema si è reso particolarmente evidente nel periodo Covid per le tempistiche legate alla preparazione del
materiale, isolamento della strumentazione, posizionamento del device in ambiente isolato, decontaminazione della
strumentazione e smaltimento del materiale, che hanno portato a ritardi anche di 10 giorni per evadere le richieste
di posizionamento in Area Covid dei device.
Viste le nostre esigenze e le difficoltà del PICC team, abbiamo ricercato una soluzione alternativa, più semplice e
veloce, con l’utilizzo delle cannule periferiche lunghe. La cannula medio-lunga è un dispositivo endovenoso meno invasivo rispetto ai cateteri venosi centrali e più performante rispetto alle cannule periferiche corte, e può essere impiegata in diversi setting di cura.
Il dispositivo è lungo circa 8-12 centimetri e presenta un calibro compreso fra i 18 e i 22 gauge. Il materiale di cui è
composto (poliuretano body-soft) si ammorbidisce a contatto con il corpo riducendo al minimo i traumi delle pareti
venose. Il dispositivo viene posizionato nelle vene superficiali dell’avambraccio e del braccio (basilica e cefalica),
più raramente in quelle profonde (brachiali), grazie all’utilizzo della via ecoguidata con tecnica Seldinger, a distanza
tale che la punta non superi il cavo ascellare. Un grande vantaggio della cannula periferica lunga è rappresentato
dal tempo di permanenza in situ, fino a 29 giorni, riducendo potenzialmente la necessità di ripetuti incannulamenti
periferici e dai più brevi tempi di posizionamento (10 minuti).
L’Unità Operativa di Medicina Interna ha individuato una sezione pilota per l’avvio dell’implementazione di questa
procedura, per cui sono stati addestrati 4 infermieri all’utilizzo dell’ecografia e al posizionamento del device.
Prosegui la lettura cliccando qui di seguito: sviluppo di una competenza: il posizionamento delle cannule
lunghe con tecnica ecoguidata