Oltre 15 mila Infermieri hanno dato le dimissioni volontarie dalla sanità pubblica

Negli ultimi due anni la fuga di Infermieri dall’Italia ha subito un’impennata.

Dietro a questa scelta il fattore economico è determinante ma non è l’unico: crescita professionale, assenza assoluta del fenomeno conosciuto come demansionamento, ferie e riposi fruibili e numerosi altri benefit.

In Italia, specie nell’ultimo anno, sono sempre più gli infermieri che invece di abbandonare il paese decidono di licenziarsi dal pubblico e da quella che un tempo rappresentava la massima aspirazione, ossia un contratto a tempo indeterminato, per lavorare nella sanità privata e/o con la partita IVA.

Il Nursing Up ha analizzato questo fenomeno, prendendo in considerazione il biennio 2021/2022 e, già allora, il numero è impressionante: oltre 15 mila infermieri hanno dato le dimissioni dal pubblico. Nel comunicato stampa si legge:

“Cominciamo questo mese di settembre, che si annuncia da subito “caldissimo”, in vista di possibili agitazioni dei professionisti sanitari, e in virtù delle delicate trattative contrattuali che sembrano ancora lontane dalla svolta sperata, con una accurata indagine che scava a fondo nei deficit irrisolti del nostro Sistema Sanitario, analizzando in modo dettagliato i dati del personale SSN del biennio 2021-2022, partendo dai numeri del Ministero Salute e da quelli successivi, messi a disposizione dalla Ragioneria dello Stato.

I numeri non mentono: noi del Nursing Up siamo partiti dalla definizione di “cessati puri”, una terminologia usata proprio nel Rapporto del Ministero della Salute, che nello specifico indica il numero di coloro che, sulla base di un contratto a tempo indeterminato, lasciano la sanità pubblica, e comprendono il collocamento a riposo per limiti di età, le dimissioni con diritto a pensione e la risoluzione del rapporto di lavoro e infine i licenziamenti.

Ebbene è proprio il Ministero che, per l’anno 2021 indica, nella cifra considerevole di 52.534 professionisti, il numero di dipendenti della sanità che abbiamo “perso per strada”, i cosiddetti “cessati puri”, che a loro volta rappresentano il 56% delle cessazioni complessive.

Le tabelle del Rapporto del Ministero sono chiarissime e vanno analizzate e comprese. Di conseguenza, si arriva anche al numero di infermieri dimissionari, estrapolandoli proprio dai dati sopra indicati. 

Gli infermieri dimissionari nel 2021, facenti appunto parte del totale dei cessati puri, sono compresi tra Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie, IRCCS, Asl e altre realtà: nel complesso parliamo di ben 6953 infermieri che si sono dimessi volontariamente dal nostro SSN nell’anno in questione. 

A questi abbiamo aggiunto, sempre da nostra indagine, su più fronti, un’accurata analisi che si rivela peggiorativa, per l’anno 2022, proprio per i professionisti dell’assistenza. 

Siamo partiti dai numeri della Ragioneria dello Stato che, per il 2022 indicano in 283.939 il numero totale di infermieri (+ 4078 rispetto al 2021, grazie ad un esiguo numero di assunzioni).

Abbiamo poi analizzato i dati degli Ordini Professionali e delle Regioni, che indicano, per l’anno in questione, una percentuale di circa il 3% di dimissioni volontarie sul totale degli infermieri. Da questi dati emerge che nel 2022 abbiamo perso, per dimissioni volontarie, non meno di 8500 professionisti dell’assistenza, per un totale, nel biennio in questione, di 15450 infermieri.

Dalla nostra analisi, costruita su dati assai attendibili, si evince, quindi, che gli infermieri sono oggi la categoria della sanità che in assoluto abbandona maggiormente, “di sua sponte”, la sanità pubblica. Le destinazioni sono i paesi stranieri, il privato, nonché c’è una percentuale di oltre il 20%, come risulta da nostri ulteriori approfondimenti, che abbandona per sempre il settore della sanità, decidendo proprio di cambiare del tutto vita.   

Gli infermieri nutrono oggi scarsissima fiducia che le istituzioni possano cambiare in positivo le cose a breve termine, senza dimenticare che oltre il 40% dei professionisti, in Italia, ha subito almeno un’aggressione fisica e di conseguenza, alla luce anche di retribuzioni poco gratificanti, si sente abbandonato a se stesso e si chiede ogni giorno se valga davvero la pena andare avanti”, conclude De Palma.