Gli ultimi dati lo confermano: ormai la carenza di infermieri è diventata una vera e proprio emergenza.
Lo scorso anno si era assistito ad un calo delle iscrizioni ai Corsi di laurea delle professioni sanitarie del 10,5% e, quest’anno, i numeri sono comunque in calo, anche se in lieve ripresa (forse a causa della riduzione dei posti?).
Fatto sta che dall’indagine preliminare pubblicata da Angelo Mastrillo sembra che il calo sia “solo” del 5,3%. In circa 10 regioni italiane, addirittura, non si sono coperti neanche i posti messi a bando. Tra queste rientra il Piemonte. Il nursind territoriale ha lanciato l’allarme in un comunicato stampa: “Ma l’ulteriore domanda da porci è anche un altra. Di questi che porteranno a termine il percorso di studi, quanti sceglieranno di lavorare nel servizio sanitari pubblico e quanti invece la sanità privata, allettati da condizioni di lavoro migliori e maggior guadagni.
Quanti decideranno di restare in Piemonte o sceglieranno altre regioni Italiane che stanno investendo sull’aumento dei salari e/o politiche di welfare ( vedi valle d’aosta e veneto ) oppure decideranno addirittura di andare all’estero dove i salari e le condizioni sono decisamente migliori.
Una cosa è certa: nella nostra regione, il numero di uscite, per pensionamenti o dimissioni precoci sempre in aumento, sarà decisamente maggiore del numero di entrate. Avremo molti meno infermieri e questo non potrà non avere una ricaduta sui servizi. Di fronte a questo dato di fatto, oggi ancora non si sta facendo nulla. E se come dicevamo in un recente comunicato, la Valle d’Aosta ha incrementato gli stipendi di 300 euro attraverso una indennità di attrattività , il Veneto ha stanziato 150 milioni di euro per l’incremento dei salari e rendere attrattiva la Sanità Regionale e la Lombardia offre case a prezzi calmierati, il Piemonte cosa fa?
Per quale motivo i giovani a parità di condizioni dovrebbero scegliere una professione che chiede più sacrificio e comporta senza ombra di dubbio più disagi, più rischi e che oltretutto ha un impatto non da poco conto sulla salute fisica e psicologica, oltre che sulla vita personale e familiare”.
Mentre i sindacati cercano risposte dalle Aziende e dalle Regioni, i quotidiani online (vedi) continuano a parlare di crisi di vocazione. Dove arriveremo?