Un Infermiere: “Mi sono dimesso, giovani studiate per fare i medici”

Continuano le dimissioni dal pubblico in Italia.

Dopo la recente testimonianza di una collega che, dopo essersi licenziata, ha scelto di fare la segretaria e vivere finalmente una vita “normale”, anche un collega ha deciso di parlare di quello che era, tempo fa, l’ambito posto nel pubblico.

Intervistato dal quotidiano online “Il Dolomiti” spiega le motivazioni che l’hanno spinto a lasciare il pubblico e lavorare nel privato, guadagnando anche di più (anni fa sarebbe stato un paradosso, ndr).

“Quando me ne sono andato dopo anni di servizio nessuno dei miei responsabili o coordinatori mi ha chiesto la ragione del licenziamento improvviso. Questo significa che in Azienda sanitaria sei solo un numero, non conti nulla. Sei un numero che deve lavorare e basta.

Non ci sono possibilità di emergere, di crescere, sei un numero e stop. La possibilità di ottenere un part-time è difficile, e per una coppia giovane sarebbe complicato riuscire a creare una famiglia in situazioni del genere. Dopo anni di impegno io, come tanti altri, ci troviamo con un rapporto lavorativo e stipendiale che non è per nulla adeguato considerando le responsabilità che si hanno. Basta solo pensare che nel privato ci si può trovare con 700 euro in più in busta paga.

In Azienda sanitaria lo stipendio che ricevevo era di circa 1800 euro. Dovevo lavorare 3 domeniche, fare sei notti al mese e i turni alla mattina e al pomeriggio. Oggi nel privato il mio stipendio è di 2500 euro senza notti e senza festività facendo 130 ore al mese e certi possono avere anche cifre superiori. Una bella differenza nella gratificazione rispetto l’impegno che viene messo.

Ai ragazzi che ho incontrato, per me è difficile consigliare questa professione. Lo dico davvero con dispiacere perché amo fare l’infermiere ma dopo anni di studio quali sono i vantaggi? Sapevo di essere considerato un numero ma esserlo a tal punto che nessuno chiede perché te ne vai mi ha davvero demoralizzato. A un ragazzo giovane che vuole impegnarsi in una professione sanitaria consiglierei di andare avanti con gli studi e di fare il medico”.