Si infiamma nuovamente la discussione relativa alla mancanza di personale medico sul 118 e della figura infermieristica non ritenuta idonea nell’affrontare le situazioni di emergenza urgenza.
Un dibattito che si è infiammato dopo alcune morti verificatesi negli ultimi mesi. Le istituzioni che ruotano intorno al sistema 118 calabrese individuano nella causa principale la carenza di medici. Secondo il Nursind, invece, non ci sarebbe (ovviamente, ndr) quasi nessuna differenza tra i due professionisti sanitari (medico e infermiere).
Il segretario territoriale Nursind, Nicodemo Capalbo, ha pubblicato una nota in cui esprime il proprio punto di vista, sottolineando che il vero problema da risolvere non è assolutamente la carenza di medici del 118 ma quella delle tecnologie in dotazione agli operatori, ormai datate.
“Ho letto con attenzione gli articoli riguardanti l’ennesimo dibattito tra medici e infermieri, l’ennesimo attacco alle autoambulanze con Infermiere, nel sistema del 118 in Calabria, scaturito da alcuni articoli di giornali, riguardante, purtroppo, la morte di un paziente. Senza entrare in merito alla causa del decesso, dove ovviamente sarà la magistratura a individuarne le cause.
Devo dire che non posso che essere perplesso riguardo al “dove” si stia portando, ancora una volta, la questione, delle Autoambulanze India (ovvero con il solo Professionista Sanitario Infermiere, che ricordo lavora sempre con preparazione professionale e Algoritmi Clinico Assistenziali).
Nella realtà del soccorso avanzato è ormai evidente che gli infermieri che hanno seguito un percorso formativo specifico possano assumere ruoli cruciali sul campo, proprio grazie alla loro formazione specifica; quella che talvolta, in astratto, potrebbe mancare a chi specialista non è e che, in qualche modo, possa sentire concorrenti altre figure sanitarie.
Un esempio personale recentemente raccontato mi fa riflettere su questo: un medico del 118, mi raccontava di un intervento in appoggio all’ambulanza infermieristica, dove aveva trovato il paziente già intubato, con accessi venosi posizionati e adrenalina somministrata, tutto secondo procedure, protocolli, “proteste” e ciò che è annoverabile come evidenza scientifica. Si è chiesto: “Cosa posso fare di più?”.
La risposta è semplice: il medico, sul territorio, può fare poco di più senza strumenti avanzati che sono tipicamente ospedalieri.
Gli infermieri, con una preparazione mirata, un po’ come avviene in gran parte del Nord Italia, da tempo in tutto il mondo, possono svolgere efficacemente molti compiti, che un tempo sarebbero stati intesi come di competenza medica, riducendo la necessità di medici sul territorio, permettendo al sistema di sfruttare quelle competenze laddove sono più necessarie.
Credo fermamente che sia ora di guardare al futuro e di collaborare per far riconoscere il valore di un sistema di emergenza integrato, dove gli infermieri possono lavorare con l’autonomia propria dell’emergenza territoriale.
La storia lo insegna: un tempo si assaggiavano le urine per tentare la diagnosi, oggi fortunatamente ci sono i laboratori analisi. Mi chiedo se anche al tempo dell’istituzione del laboratorio analisi, con tanto di tecnici di laboratorio, i medici generici avessero posto tanti problemi.
Il progresso e la specializzazione sono inevitabili in ogni settore, incluso quello sanitario. Gli infermieri devono essere riconosciuti in un percorso specialistico e non devono più essere visti come concorrenti, ma come risorse complementari che rafforzano il sistema di emergenza.
L’evoluzione verso un sistema integrato, dove ogni professionista opera al massimo delle proprie competenze, è la chiave per un’assistenza efficace e tempestiva, a beneficio del paziente”.