Arriva l’ennesima sentenza a favore degli infermieri vittima di demansionamento.
Questa volta un’infermiera dell’ASL Roma 3, dopo aver ottenuto la vittoria in Corte d’Appello, riceverà un rimborso pari a ben 78 mila euro per aver effettuato attività non proprie al profilo professionale d’appartenenza.
Il Segretario Provinciale del Nursind, Stefano Barone, si è detto molto soddisfatto, dopo la vittoria dell’infermiera, seguita passo dopo passo fino al relativo processo. Nel comunicato stampa si legge: “l riconoscimento della professionalità dell’infermiere è fra i cardini fondanti del nostro sindacato. Da oltre vent’anni il NurSind promuove la riqualificazione e la valorizzazione del lavoro infermieristico, nonché la maturazione di una coscienza professionale. La sentenza della corte d’appello di Roma ci conferma che stiamo facendo un ottimo lavoro”.
La Corte d’Appello di Roma ha quantificato il risarcimento calcolando il 50% della retribuzione per 72 mesi di demansionamento considerando che “l’infermiere è un professionista intellettuale in possesso di conoscenze specialistiche di livello elevato (laurea) che coordina l’attività del personale addetta alle unità operative semplici, predispone i piani di lavoro di detto personale, collabora all’attività didattica e può svolgere funzioni di tutor. Le attività attinenti l’assistenza diretta alla persona e all’aiuto domestico alberghiero rientrano nella mansioni inferiori dell’OSS”.