Sono state pubblicate nella giornata di ieri, 2 Dicembre, in Gazzetta Ufficiale le linee guida per il ricorso ai professionisti sanitari gettonisti.
Agli occhi di molti potrebbe sembrare un grosso passo in avanti ma, invece, gli addetti ai lavori lo considerano un passo indietro che invece di risolvere il problema alla radice (la carenza di infermieri in Italia, ndr) preferisce ricorrere a strumenti che, nel futuro immediato, non faranno altro che peggiorare la già critica situazione sanitaria.
Il presidente del sindacato Infermieristico Nursing Up ha commentato il provvedimento in un lungo comunicato stampa in cui si legge: “La sanità italiana continua a “tamponare” le carenze croniche di personale con soluzioni temporanee, senza affrontare il nodo cruciale: la valorizzazione del personale sanitario dipendente, priva di un piano strutturale di assunzioni.
Le nuove regole fissano tariffe che vanno dagli 85 euro all’ora per i medici di pronto soccorso e rianimazione, ai 75 euro per altri servizi medici. Per gli infermieri, invece, si parla di 28 euro all’ora per il pronto soccorso e 25 euro per altri servizi.
Orbene, la media annuale di 8.000 dimissioni volontarie di infermieri dal servizio pubblico rappresenta una spia allarmante di un sistema in crisi profonda, e la mancanza di personale, in particolare nei reparti di emergenza-urgenza, non può essere risolta con interventi temporanei, come il ricorso ai gettonisti.
Siamo di fronte a una voragine che richiede interventi radicali: invochiamo da tempo la necessità di valorizzare gli infermieri dipendenti attraverso un adeguamento delle retribuzioni agli standard europei, offrire incentivi e condizioni di lavoro dignitose e varare finalmente un piano nazionale di assunzioni.
Ma vi è di più perché facendo due conti emerge, e certo stride non poco, una disparità eclatante in questo provvedimento: un medico gettonista può arrivare a guadagnare oltre 8mila euro netti al mese, mentre un infermiere a gettone dovrebbe accontentarsi di circa 2.700 euro netti (o poco più di 3.000 per chi lavora nel pronto soccorso).
È una differenza davvero spropositata! Quale infermiere, già sovraccarico di lavoro, dovrebbe accettare di essere privato delle tutele di un contratto da dipendente, e quindi delle ferie, di dignitosi contributi pensionistici, e di tutte le altre importanti prerogative legate alla dipendenza, per accettare queste condizioni?
Finché le necessarie misure strutturali continueranno a essere rimandate, le fughe dal servizio pubblico non si fermeranno, e l’Italia si troverà costretta a spendere sempre di più per soluzioni emergenziali che, di fatto, non risolvono affatto i nostri problemi“, conclude De Palma.