Aggressione a Tor Vergata: Infermiere refertato con 30 giorni per frattura del setto nasale

1 settimana ago

L’aggressione violenta si è verificata al Pronto Soccorso del Policlinico Tor Vergata di Roma il 9 Febbraio scorso.

A subirne i danni è stato un infermiere che era in servizio e che ha riportato la frattura del setto nasale, refertato con 30 giorni di prognosi, oltre ai danni psicologici che la stessa gli ha causato. Il tutto è avvenuto in una manciata di secondi, quando l’infermiere è giunto in soccorso ad un’operatrice socio sanitaria alle prese con un degente per nulla collaborativo ed agitato.

Il paziente dopo le minacce verbali sarebbe passato all’aggressione vera e propria, sferrando un calcio in faccia al collega. Sulla vicenda è intervenuto anche in Nursing Up che, in una nota firmata dal presidente, ha affermato: “Non si tratta di un fatto eccezionale. La violenza nei nostri pronto soccorsi è ormai sistematica, una piaga che nessuno sembra voler affrontare con la dovuta serietà. Il personale sanitario è sempre più solo, esposto a pericoli inaccettabili”.

Le aziende sanitarie non possono più restare a guardare! In questo caso l’azienda di Tor Vergata ha deciso, di sua sponte, di costituirsi parte civile, ma sia chiaro non accade sempre. Chiediamo da tempo che le aziende siano obbligate per legge a costituirsi parte civile nei processi contro gli aggressori, per dare un segnale chiaro e forte: colpire un infermiere significa colpire lo Stato stesso! Un ritardo istituzionale intollerabile, che lascia i lavoratori sanitari ancora più esposti. 

Nello stesso tempo, considerato lo stato di esasperazione dei pazienti, occorre inevitabilmente rafforzare numericamente i presidi delle forze dell’ordine e garantire, ovunque, la presenza di agenti h24. Inoltre, è chiaro che la rabbia dei cittadini, di certo non giustificabile, è legata ai disservizi dei reparti, su tutti quelli di emergenza urgenza. Per tanto occorre rilanciare la sanità di prossimità per snellire il caos dei pronto soccorsi e garantire alla collettività la serenità di tempi di attesa dignitosi e soprattutto la presa in carico solo dei casi più gravi, lasciando gli altri alle strutture territoriali.

C’è chi dice che gli infermieri sono ormai carne da macello! Certo è che non possiamo continuare a lavorare nella paura di non tornare a casa sani e salvi! Calci in faccia, capelli strappati, coltelli e manganelli. 

Chi difende chi ci difende? Chi impedirà che presto o tardi un’aggressione, Dio non voglia, sfoci in tragedia”?