Una figura che ha destato grande preoccupazione ma che, nonostante i vari pareri negativi, è stata approvata ad introdotta in Italia.
Stiamo parlando dell’assistente infermiere. A nulla sono valse le critiche degli addetti ai lavori e delle istituzioni, nonché dei sindacati. Ed è proprio delle ultime ore la notizia secondo la quale l’assessore al Welfare della Lombardia, Guido Bertolaso, vorrebbe risolvere la carenza di circa 10 mila infermieri dei servizi territoriali con la figura dell’assistente infermiere.
Antonio De Palma, presidente del Nursing Up, ha commentato l’idea di Bertolaso: “Davvero pensiamo che l’assistente infermiere sia la soluzione? Forse dovremmo chiamarlo “l’assistente del fu’ infermiere” e vedere se, per magia, i numeri tornano. Ma la realtà è un’altra: questa figura non può e non potrà mai colmare la voragine di personale qualificato.
Se gli infermieri mancano, chi dovrebbero assistere questi nuovi arrivati? Gli spettri nelle infermerie vuote?
Mentre Bertolaso, nelle sue recenti esternazioni, parla di soli 2mila infermieri mancanti, la realtà dice altro: in Lombardia si registra un fabbisogno di oltre 10mila unità, rispetto a un deficit nazionale di 175mila professionisti, in un contesto europeo che sta cercando di risollevarsi investendo sul personale sanitario, non inventando figure di ripiego. E mentre in Europa si corre veloce, in Italia si inciampa, con un calo di circa il 20% nelle iscrizioni ai corsi di laurea in infermieristica rispetto al Vecchio Continente. Ma certo, chi non sarebbe entusiasta di fare l’infermiere in un contesto del genere?
Non possiamo continuare a far finta che basti inventarsi un nuovo ruolo per risolvere una crisi strutturale. L’assistente infermiere non è un rinforzo, è un’illusione. Se non ci sono infermieri, chi li guiderà? Il pilota automatico? Siamo seri: pochi mesi di formazione non bastano per garantire un’assistenza di qualità, e rischiamo solo di abbassare gli standard, mettendo a rischio la salute dei cittadini.
Invece di investire sugli infermieri qualificati, che continuano a lasciare il sistema pubblico, si punta su scorciatoie che rischiano di peggiorare la situazione. Forse la prossima mossa sarà l’infermiere “fai-da-te”, con un kit di montaggio e istruzioni incluse. Ma i pazienti meritano di meglio. La qualità dell’assistenza non si costruisce con figure ibride e competenze approssimative. Non è la prima volta che si cercano scorciatoie.
Abbiamo già visto il film del reclutamento di infermieri dall’estero, con esiti non proprio da Oscar. Ora ci riprovano con l’assistente infermiere. Ma cambiare il titolo ai problemi non li risolve.
La sanità lombarda ha bisogno di infermieri qualificati, non di figure surrogate. Se davvero si vuole affrontare la crisi, bisogna investire sui professionisti già esistenti, garantendo stipendi adeguati, condizioni di lavoro dignitose e una formazione continua. Altrimenti, ci ritroveremo con un castello fatto di carte, che crolla davanti al primo paziente che starnutisce”.