Shaken Baby Syndrome: il contributo Albo nazionale infermieri pediatrici

La Shaken Baby Syndrome o Sindrome del Bambino Scosso (SBS) non è solo un termine medico, ma una realtà drammatica che si verifica più spesso di quanto si pensi e la quale ha bisogno di un’attenzione profonda.

Il pianto rappresenta l’unico strumento che il bambino possiede per comunicare. Che abbia fame, sonno, bisogno di accudimento egli si esprime attraverso il pianto. Anche se appare inconsolabile, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo.

Nel comunicato ufficiale FNOPI viene presentato il contributo realizzato dall’Albo Nazionale degli Infermieri Pediatrici: “La SBS rappresenta una grave forma di trauma da abuso nei confronti di lattanti e bambini piccoli; coinvolge soprattutto i bambini sotto i due anni di età, con un picco tra i 3 e i 6 mesi e un’incidenza – rispettivamente – di 15 e 38,5 casi ogni 100.000 bambini, potenzialmente sottostimata per le difficoltà diagnostiche. È una problematica complessa che richiede un approccio multidisciplinare e una comprensione approfondita dei meccanismi fisiopatologici coinvolti.

La peculiarità anatomica del sistema nervoso centrale in fase di sviluppo, con muscoli cervicali non completamente sviluppati, come è nei bambini sotto i due anni di età, determina un’estrema suscettibilità ai traumi da scuotimento.

Il quadro clinico che si manifesta nei bambini abusati e che sviluppano la SBS è caratterizzato da manifestazioni multiorgano che richiedono un’osservazione attenta, data la potenziale sottovalutazione della sintomatologia. I principali indicatori diagnostici includono: alterazioni neurologiche quali modificazioni dello stato di coscienza, crisi convulsive, deficit nell’aggancio dello sguardo; segni fisici quali emorragie retiniche, tumefazione della fontanella, ecchimosi atipiche; e sintomatologie comportamentali come irritabilità persistente e disordini dei ritmi circadiani e alimentari.

Le conseguenze della SBS nei neonati e nei lattanti possono essere davvero devastanti e permanenti e includono manifestazioni sia a breve che a lungo termine. A livello neurologico, lo scuotimento può causare emorragie intracraniche, danni al nervo ottico e all’orecchio interno, con conseguenti deficit cognitivi, disturbi dell’apprendimento, disabilità intellettive, ritardi nello sviluppo. Nei casi più gravi la SBS può portare al coma o alla morte del bambino. La gravità delle conseguenze è strettamente legata all’intensità e alla durata dello scuotimento, nonché dalla vulnerabilità individuale del bambino.

L’identificazione dei fattori di rischio assume un ruolo cruciale nella prevenzione. Essi sono spesso legati a situazioni di profonda fragilità umana: la stanchezza di una madre nel periodo post-partum, la frustrazione di fronte a un neonato che sembra inconsolabile, problematiche di salute mentale, storie di violenza domestica.

La prima indagine sui casi di bambine e bambini vittime di Shaken Baby Syndrome in svolta in Italia da Terres des Hommes nel 2023, evidenzia bene i fattori di rischio della SBS e pone all’attenzione come spesso i bambini che ne soffrono siano già vittime di maltrattamenti e nella maggior parte dei casi provengono da famiglie numerose.

Responsabilità infermieristiche riguardano l’educazione, la prevenzione e l’accompagnamento delle famiglie, in particolare quelle a rischio di un bambino con SBS. Il programma “Period of PURPLE Crying”, attivo negli USA, rappresenta un esempio virtuoso di come la conoscenza possa trasformarsi in protezione: è un modello scientifico di prevenzione, fondato su oltre cinquanta anni di evidenze epidemiologiche sul pianto infantile. L’approccio educativo verso le famiglie, si concentra sulla trasmissione di conoscenze evidence-based, superando narrazioni ideologiche e concentrandosi su strategie operative di gestione.

Prevenzione significa parlare ai genitori, non solo dei rischi, ma delle strategie per gestire momenti di grande stress, demitizzando l’immagine romantica e irreale della maternità.

Le professioni infermieristiche quindi devono avere le competenze necessarie per il   riconoscimento tempestivo e l’attivazione immediata del team multidisciplinare, comprendendo sia l’eventuale assistenza intensiva necessaria, che la presa in carico territoriale a lungo termine.

L’infermiere, nell’assistenza al bambino con SBS, assume un ruolo che richiede un’integrazione di conoscenze e competenze cliniche avanzate, un’elevata capacità di valutazione e un approccio che pone al centro dell’intervento l’intero nucleo familiare.

La sua competenza nel realizzare una valutazione approfondita è essenziale.

È necessaria l’osservazione attenta del bambino, individuando tempestivamente i segni e sintomi, frequentemente insidiosi, che manifestano le lesioni neurologiche, oculari e scheletriche caratteristiche del bambino con SBS. L’adozione di protocolli di monitoraggio avanzati consente di identificare prontamente possibili alterazioni dei parametri vitali, delle funzioni neurologiche e dello stato di coscienza assicurando interventi immediati in caso di eventuali complicanze.

La gestione del dolore e del disagio del bambino è un altro elemento prioritario dell’assistenza infermieristica. L’utilizzo di terapie non farmacologiche finalizzate al comfort e al sostegno, come la terapia del contatto e la riduzione degli stimoli ambientali, rappresentano un aiuto valido per ridurre al minimo il disagio del bambino.

L’infermiere coordina anche l’assistenza relativa al supporto psicosociale. Assiste in prima linea la famiglia nel far fronte all’impatto traumatico della SBS e agevola l’elaborazione del lutto e della collera, anche attraverso l’attivazione di percorsi specifici e specialistici. Essendo il primo operatore sanitario che in triage e in pronto soccorso incontra il nucleo familiare, si trova a dover effettuare analisi circostanziate del contesto familiare al fine di individuare eventuali fattori di rischio per la violenza sui minori e collaborare nell’avvio di azioni di supporto psicologico, emotivo e sociale, attraverso l’attivazione degli specifici specialisti del settore.

La gestione dell’assistenza e l’advocacy del bambino sono elementi che richiedono una visione olistica. L’infermiere è chiamato ad essere case manager, coordinando l’assistenza multidisciplinare e garantendo la continuità delle cure tra ospedale e territorio. Si impegna a difendere i diritti del bambino garantendone il benessere in ogni contesto assistenziale. Collabora con le autorità competenti per riferire situazioni sospette di SBS, offrendo documentazione precisa e dettagliata.

Le responsabilità infermieristiche per la presa in carico del bambino con SBS, proseguono anche nell’assistenza territoriale, dove questi bambini e le loro famiglie saranno accompagnati per tutta la vita nella gestione degli esiti della SBS e nel tentativo di mantenere un’adeguata qualità di vita.

Il 6 e 7 aprile, Giornate nazionali di prevenzione della Sindrome del Bambino Scosso, iniziative nazionali come la campagna “NON SCUOTERLO”, promosse da organizzazioni quali Terre des Hommes e SIMEUP, hanno intensificato dal 2017 gli sforzi di sensibilizzazione e prevenzione. L’obiettivo primario è la diffusione di conoscenze scientifiche e strategie di intervento mirate.

Diffondere metodiche per gestire il pianto e lo stress ad esso correlato è fondamentale. Spiegare ai genitori che si può calmare il bambino cullandolo nella carrozzina, facendo un bagnetto rilassante, oppure attraverso il contenimento, riconducendolo alla posizione assunta in utero, o ancora facendogli sentire suoni ripetuti e rilassanti (i cosidetti “rumori bianchi”) può essere davvero importante. Se però tutto ciò ancora non basta insegnare a CHIEDERE AIUTO è fondamentale, perchè può salvare una vita!

È importante conoscere questo fenomeno ed educare le famiglie e le comunità a prevenire i comportamenti a rischio, a riconoscerli e a richiedere aiuto ai servizi di riferimento nella comunità, come ad esempio i Consultori.

Come efficacemente sintetizzava Francis Bacon, “la conoscenza è potere”. Nel campo della prevenzione della Sindrome del Bambino Scosso, la conoscenza è molto di più: è la possibilità concreta di salvare una vita, di proteggere l’essere più indifeso che esista.

In quest’ottica, la competenza e l’impegno di tutto il personale sanitario, diventano i cardini di una “rete” di protezione che garantisce a ciascun bambino un futuro sicuro e sereno”.