Infermieri in fuga in UK: stipendi da 1500 euro a settimana

4 giorni ago

E’ da qualche anno a questa parte che gli infermieri italiani sono in fuga verso l’estero.

Specie per i neolaureati le offerte estere sono davvero molto allettanti: crescita professionale, stipendi adeguati alle responsabilità e rispetto per la figura infermieristica. Così i giovani scappano verso l’Arabia Saudita, la Svizzera Tedesca, Germania e Regno Unito.

E’ proprio l’Inghilterra a proporre stipendi da capogiro: si parla di offerte di lavoro per infermieri che partono da 1500 euro a settimana. 4 volte lo stipendio medio italiano.

Nel comunicato stampa del Nursing Up si parla proprio di questo nuovo trend, ossia la “campagna acquisti” messa in atto dalle aziende del Regno Unito: “Formiamo infermieri brillanti, li carichiamo di responsabilità, li mandiamo a gestire pezzi di sanità territoriale… e poi li salutiamo con una pacca sulla spalla e un contratto precario. Mentre altrove, Regno Unito in testa, li aspettano a braccia aperte e stipendi che da noi restano solo nei sogni. Così non si costruisce il futuro: si fa beneficenza professionale al resto d’Europa.

L’Italia continua a parlare di eccellenze. Gli altri le assumono.

Il Regno Unito, pioniere europeo del modello dell’infermiere di famiglia, rilancia con una rivoluzione salariale: +6% nel 2025 e stipendi che arrivano a 1.500 euro a settimana per i profili più esperti nella sanità pubblica. Mentre da noi, gli stessi professionisti lottano per restare a galla con 1.500 euro al mese, se va bene, e senza la certezza di un contratto stabile.

Altro che fuga di cervelli, qui è una deportazione volontaria del talento. Abbiamo infermieri che oggi lavorano a Exeter o Brighton, dentro la rete pubblica UK, e raccontano una vita completamente diversa: orari sostenibili, riconoscimento professionale, stipendi veri. E anche chi partiva con l’idea di tornare, ora resta. E convince altri a seguirli.

I numeri fanno paura. La legge del 2020 ne prevedeva 9.600. Oggi siamo al 20% di quella cifra base mai raggiunta. Ma il vero obiettivo, imposto dalla Missione 6 del PNRR, è ben più alto: 50.000 infermieri di famiglia entro il 2026. Altrimenti le case di comunità resteranno gusci vuoti, con muri appena tinteggiati ma senza chi possa curare davvero.

E cosa fa l’Italia? Invece di trattenere i professionisti, crea ibridi confusi come l’“assistente infermiere”, figura che confonde ruoli, riduce le tutele, e insulta anni di battaglie professionali. «È un errore madornale, politico e tecnico, che svilisce chi ha studiato, lavorato, resistito. Non è così che si risolve la carenza.

Nel frattempo la nostra Federazione si auto compiace per le lauree magistrali cliniche, ma senza un progetto serio in cui collocarle sono lauree appese nel vuoto. Così i nuovi specialisti rischiano di finire nella mischia del comparto, mentre chi ha titoli equipollenti resterebbe escluso da ogni carriera. Altro che progresso: questo è un sabotaggio del merito.

Servono interventi economici veri, contratti seri, e soprattutto dignità. Quella che manca da troppo tempo. Non possiamo più essere il vivaio qualificato d’Europa, spremuti e poi dimenticati. I nostri infermieri non sono in svendita. E non saranno complici del fallimento di un sistema che non li vuole riconoscere”, conclude De Palma.